I boschi e le foreste sono fra i più estesi e complessi ecosistemi nel nostro pianeta. I biologi ritengono che essi ospitino oltre l'80% delle specie terrestri di animali e piante. Se non aggrediti dall’uomo sono in grado di perdurare nel tempo ed autosostenersi. I boschi maturi possono essere paragonati a dei caveau dove è conservata la biodiversità; sono una sorta di banca del patrimonio genetico. Oltre alle piante in un bosco vivono anche mammiferi, uccelli, anfibi, rettili, invertebrati e funghi. La ricchezza di specie e la rete che le lega determinano il livello di naturalità di un bosco. Più questo è complesso e strutturato più il suo un valore naturalistico è maggiore, come la sua capacità di regire alle perturbazioni esterne.

Tutti sappiamo che i boschi sono fonte di lavoro e di reddito, soprattutto per aree marginali, e possono favorire lo sviluppo di attività artigianali locali. Nella filiera del legno sono coinvolti, infatti, boscaioli, segherie e falegnamerie. Il bosco, però, non è solo un semplice insieme di alberi dal quale ottenere legname ma è qualcosa di molto più utile all’uomo. Esso eroga dei “servizi” ecosistemici e sociali che sono difficili da quantificare sotto l’aspetto economico. Un bosco accentua la bellezza di un luogo e può svolgere un ruolo importantissimo per il benessere fisico e psicologico. Tutti avvertiamo, infatti, particolari emozioni nell’osservare le diverse tonalità del verde delle foglie in primavera o le macchie di colori che gli alberi assumono in autunno.

I boschi rallentano poi il deflusso e la velocità dell’acqua (a seguito delle piogge) la quale viene prima assorbita dal suolo e poi rilasciata lentamente. Diminuiscono quindi i rischi di alluvioni ed evitano l’erosione dei suoli. La loro presenza, soprattutto nelle aree collinari e montane, è una protezione contro gli eventi franosi e le valanghe.

Il bosco produce ossigeno, mitiga le escursioni termiche e quindi il clima della zona in cui si trova, frena la velocità del vento e migliora la qualità dell’aria trattenendo polveri ed inquinanti. Inoltre immagazzina la CO2 (uno dei gas responsabili dell’effetto serra).

Il tipico bosco che domina il territorio comunale di Capolona è composto soprattutto da Roverella (Quercus pubescens), Cerro (Quercus cerris), Leccio (Quercus ilex), Carpino nero (Ostrya carpinifolia) e Castagno (Castanea sativa) ed è “governato” a ceduo. Il termine “ceduo” deriva dal latino “caeduus – caedere” che significa “tagliare”. Qui, come nel resto della penisola, il bosco è sempre stato tagliato ad intervalli di tempo di 10-40 anni a seconda se si voleva ottenere legna da ardere, paleria o travi.

Gli alberi che vediamo sono in gran parte “polloni” e originano dalle “ceppaie”. L’emissione di gemme che poi si sviluppano in polloni, è un fenomeno naturale in risposta a danni nel tronco o malattie. L’osservazione di tale fenomeno ha indotto l’uomo a tagliare le piante per creare ceppaie da cui emergevano uno o più polloni. Con la razionalizzazione del processo si è affermata poi la coltivazione del bosco ceduo.

Vi è una forte differenza tra i boschi gestiti dall’uomo e i boschi naturali. Quest’ultimi sono composti da alberi di specie, età e dimensioni diverse. Gli alberi crescono in modo naturale, muoiono e si decompongono. Il governo a ceduo del bosco seleziona le specie di maggiore interesse economico e a più rapida crescita.

In Italia la superficie boschiva è quasi raddoppiata in meno di un secolo soprattutto grazie all’abbandono dei campi e dei pascoli che sono stati ricolonizzati, per un processo spontaneo legato alle dinamiche vegetazionali,  prima dagli arbusti e successivamente dagli alberi.

Attualmente i boschi coprono quasi il 38% del territorio nazionale.