Il Salice da vimini può crescere massimo fino a 10 m di altezza. L’accrescimento risulta di solito molto rapido, ma l’albero in sé è poco longevo.

Presenta una chioma espansa, con rami eretti e ascendenti. Questi sono inizialmente brunastri e pelosi e poi diventano lisci. I ramuli sono sottili e penduli e appaiono giallognoli o rossastri a seconda dell’età. La corteccia della pianta adulta è grigio-verdastra con fessure longitudinali.

Le foglie sono semplici, alterne, con un picciolo breve. Hanno forma lanceolata, con colore verde scuro nella pagina superiore e colore argenteo in quella inferiore. I margini fogliari sono spesso ripiegati verso il basso.

E’ specie dioica, cioè a sessi separati. I fiori sono riuniti in infiorescenze dette “amenti” che compaiono prima della foliazione. Quelli maschili sono ovoidali e incurvati, all’inizio di colore grigio-argenteo e poi gialli alla comparsa delle antere. Quelli femminili sono più piccoli e peduncolati, di colore verdastro. L’antesi avviene in marzo-aprile.

Il frutto è una piccola capsula ovoidale e pubescente, che in estate si apre rilasciando al vento i semi pelosi.

In Toscana veniva comunemente chiamato salcio o vetrice. La pianta era sempre presente in tutti i poderi perché rivestivano un vasto impiego nell’agricoltura e non solo. I salici erano diffusi soprattutto nei punti dove, per l’eccesso di umidità, non era possibile effettuare altre colture; potevano essere piantati utilizzando talee di 1-2 anni ricavate da piante mature.

Nei mesi di gennaio e febbraio i salici venivano completamente potati, lasciando soltanto il tronco. Questo rimaneva “zucconato” ovvero privo di qualsiasi ramo.

I rami venivano poi selezionati a seconda del loro spessore e della loro lunghezza. Quelli più corti e sottili venivano utilizzati per legare le viti, quelli più lunghi e di maggior spessore erano invece usati per legare le fascine o per realizzare panieri, ceste, gabbie, nasse da pesca e anche mobili.

La coltura del salice da vimini è oggi praticamente abbandonata in tutta la nostra penisola.

Il salice nell’antichità era l’albero femminile per eccellenza che dà la vita e la riprende in un ciclo continuo. Era anche l’albero sacro a Giunone, infatti le prime statue a lei dedicate erano fatte con il suo legno.