La roverella è specie longeva e può arrivare a 25 m di altezza con diametri dei tronchi anche di 2,5 metri.

Il fusto è relativamente corto con corteccia color grigio scuro, munita di scaglie dure, rugose e trapezoidali. Il tronco si divide presto in rami anch'essi sinuosi che creano una chioma ampia e globosa negli esemplari isolati.

La roverella è specie termofila, eliofila e molto frugale, adatta a condizioni di aridità e terreni calcarei, argillosi, aridi, rocciosi. Può salire fino a 800 metri di quota

L’apparato radicale è molto sviluppato e robusto; presenta un fittone centrale che penetra in profondità (anche nelle fessure delle rocce) e forti radici laterali.

Le foglie sono alterne, coriacee, con picciolo breve e peloso; il profilo è ovato-allungato con 4-7 paia di lobi. La lunghezza è molto variabile, si va dai 5 ai 10 cm. La pagina superiore è verde brillante mentre quella inferiore è pubescente e più chiara.

I fiori maschili sono portati da infiorescenze (amenti) penduli e pubescenti; i fiori femminili hanno un breve peduncolo e si sviluppano all'ascella delle foglie. La fioritura avviene contemporaneamente all’emissione delle nuove foglie (marzo-aprile).

Il frutto è la caratteristica 'ghianda' delle querce, molto variabile in lunghezza. La sua cupola è pelosa e ha squame lineari-lanceolate; questa ingloba la ghianda per circa una sua metà. La ghianda è portata da un peduncolo molto spesso e tomentoso.

Il termine “pubescens” deriva dalla presenza di peli diffusi su piccioli, gemme, foglie.

Caratteristica peculiare della roverella sono le foglie “semipersistenti”; queste non cadono tutte in autunno ma quando inizia il germogliamento delle gemme in primavera.

Nell'Europa meridionale la Roverella è una delle specie più comuni nei querceti e nei boschi misti a latifoglie. E’ comune negli ambienti collinare e montano inferiore. Cresce dai 500 m di altezza fino ai 1200-1400m.

Il nome del genere 'Quercus' sembra che abbia una duplice origine: una dai termini celtici 'Kaer' e 'quer'  (“bell'albero” e “albero per eccellenza”) e una dal greco, ad indicare la ruvidità della corteccia.

È una delle specie che presenta il maggior numero di esemplari monumentali nelle aree coltivate o a ridosso delle case.

Il legname di questa pianta è ampiamente utilizzato come combustibile; in passato era materiale importante per realizzare travature e nelle costruzioni navali.

Le ghiande vengono usate per l'alimentazione dei suini e, nel passato, venivano tostate e utilizzate come surrogato del caffè.

In antichità i grandi esemplari di roverella erano venerati. Sembra che i romani, quando arrivarono nelle foreste della Germania, restarono terrorizzati dall’imponenza delle querce; Plinio il vecchio scrisse che sembravano “originate insieme col mondo”, cioè antiche come la terra stessa.

All’interno dei pascoli si trovano spesso esemplari isolati o in gruppi di roverella che nel gergo popolare vengono chiamate “merigge”. Il nome viene dal latino meridies, che significa “meriggiare”, ossia godere dell’ombra. Questi alberi servono per il riposo del bestiame durante le ore più calde delle giornate estive. Lo stesso Dante Alighieri utilizza in un verso del purgatorio, in senso metaforico, un’immagine molto dettagliata del meriggiare.