Il pascolo è un elemento del paesaggio a cui l’uomo è legato dal neolitico (circa 10 mila anni fa), periodo in cui esso, da cacciatore e raccoglitore, divenne allevatore e agricoltore

I pascoli sono comunità vegetali nei quali la produzione di materia viene utilizzata direttamente da animali erbivori per nutrirsi. Il pascolamento può essere considerato come l’incontro fra gli animali e Il cotico erboso. Questi sono gli attori principali di un sistema composto da ambienti estremamente diversificati in grado di ospitare una moltitudine di specie animali e vegetali.  I paesaggi agropastorali ospitano, infatti, un’elevatissima biodiversità e quelli presenti nel territorio di Capolona non fanno eccezione.

Ambienti di questo tipo possono sopravvivere solo se si mantiene l’allevamento e la pastorizia in un certo territorio. Solo i pascoli posti sopra il limite della vegetazione arborea sono permanenti;  negli altri casi, se abbandonati, vengono colonizzati dal bosco secondo un processo spontaneo di natura ecologica.

Negli ultimi decenni si è assistito ad un progressivo spopolamento delle montagne e delle colline accompagnato da una significativa riduzione dell’allevamento di ovini, bovini e caprini. Quando gli erbivori domestici spariscono si osserva una prima diffusione di specie erbacee a “taglia alta” e poi si ha un graduale insediamento di specie arbustive ed arboree.

La conservazione dei pascoli ha un ruolo centrale, sia a livello nazionale che europeo, nella politica di conservazione della biodiversità. La tutela di specie di uccelli e farfalle, ritenute rare e minacciate, passa proprio attraverso il mantenimento di questi habitat. Recenti studi hanno dimostrato come i pascoli utilizzati dal bestiame ospitino molte più specie ornitiche rispetto a quelli abbandonati; se i pascoli sono di grande estensione si possono trovare anche quelle rare e localizzate. Il valore ecologico di un pascolo aumenta se vi sono anche piccole isole di arbusteto.

Ai pascoli viene anche attribuito un valore estetico in seno al paesaggio e un legame con l’identità storico-culturale delle comunità locali.

La gestione di un pascolo deve essere però oculato. Quando gli animali pascolano troppo a lungo sullo stesso terreno e, mangiando la ricrescita delle piante già pascolate ne esauriscono le riserve, si ha il sovrapascolo. In pratica gli animali non permettono alle piante il completo recupero delle riserve energetiche radicali.

Gli animali defecano nel pascolo e apportano sostanza organica, minerali e microrganismi incrementando la fertilità del suolo. Un eccessivo carico di deiezioni può però avere un effetto deleterio sul terreno.

I pascoli possono essere divisi in spontanei o artificiali. I primi sono composti da specie vegetali  che nascono spontaneamente mentre i secondi si formano dalla diffusione di semi, appositamente scelti allo scopo, su terreni preparati attraverso opportune lavorazioni. I semi utilizzati possono appartenere ad una sola specie (ottenendo così un pascolo monofita), oppure a più specie (ottenendo così un pascolo polifita).

Gli erbivori tendono a operare una selezione delle specie di cui nutrirsi per cui la composizione del pascolo può dipendere dal tipo di animali pascolanti, il loro numero e dal momento stagionale in cui avviene il pascolo.

Con il pascolamento vengono ridotte le parti epigee delle piante (quelle che emergono dalle radici). Se esso è uniforme, la porzione epigea che rimane è la stessa per tutte le specie. Viene quindi ridotto il potere competitivo, in particolare quello relativo alla luce, delle specie più grandi nei confronti di quelle di piccole. Senza l’azione di brucatura degli animali quest’ultime avrebbero meno possibilità di svilupparsi. In un pascolo gestito in maniera adeguata si ha dunque una maggiore ricchezza di specie per unità di superficie. Al contrario, se il pascolo viene utilizzato in modo parziale o irregolare, si osserva una progressiva diffusione di specie a taglia alta (megaforbie) che deprimono o eliminano le specie con dimensioni minori, riducendo così la biodiversità.

Nel territorio appenninico sono diffusi i processi di colonizzazione forestale delle praterie come conseguenza della riduzione, a partire dal secondo dopoguerra, delle pratiche agro-pastorali.  Questo fenomeno sta comportando una forte riduzione della biodiversità con la scomparsa di specie vegetali e animali.