L’importanza del castagneto da frutto, sin dal medioevo, è stata immensa; in molte aree ha influenzato il paesaggio e la cultura tanto da far nascere la cosiddetta «civiltà del castagno».

Sembra che questa pianta fosse presente in Appennino sin dalle epoche preglaciali e non vi sono dubbi sul fatto che l’uomo sia il responsabile della sua diffusione. Già in epoca tardo-romana è iniziata, infatti, la sostituzione del bosco misto con il castagneto.

Il castagneto può essere paragonato ad un frutteto da cui ricavare le castagne e quindi la relativa farina; questa ha rappresentato, per secoli, la base alimentare di molte comunità tanto che il castagno veniva definito come “albero del pane”. Le castagne sono sempre state l’ultimo raccolto dell’annata agraria.

I boschi di castagno sono, generalmente, caratterizzati da un elevato numero di piante per ettaro. Solo dove si vuole ottenere castagne di grossa pezzatura la densità è limitata.

Perché sia produttivo un castagneto da frutto necessita di periodiche cure che consistono nell’eliminazione del sottobosco per favorire la raccolta dei frutti, nell’asportazione dei polloni e nella potatura della chioma. La raccolta delle castagne, se fatta manualmente, è molto dispendiosa in termini di tempo; solo in alcune aree si utilizzano appositi macchinari.

Nel territorio del Comune di Capolona, come in gran parte della Toscana, i castagneti si trovano in stato di abbandono o sono stati convertiti a ceduo. I motivi di questo fenomeno sono da ricercare nello spopolamento delle colline e delle montagne oltre al cambiamento di stile di vita delle popolazioni locali. Due gravi malattie fungine hanno poi contribuito all’abbandono della coltura del castagno: il cancro corticale (Cryphonectria parasitica) e il mal dell’inchiostro (Phytophtora cambivora). Da alcuni anni le piante di castagno sono attaccate anche dall’insetto cinipide Dryocosmus kuriphilus, di provenienza asiatica,  il quale depone le uova all’interno delle gemme producendo caratteristiche “galle”.

Dai castagneti locali si ricavano oggi soprattutto pali per vigneti e recinzioni. Il legname del castagno viene destinato poi alla produzione di tannino di cui questa pianta è ricca; tale sostanza aumenta la resistenza del legno agli agenti esterni. Dall’albero si ottengono anche travature di tetti e solai.

Il legno di castagno è sempre stato particolarmente apprezzato dai fabbri artigiani in quanto, durante la combustione, raggiunge temperature ideali per la lavorazione del ferro.

Un bando del Granduca di Toscana del 1567 imponeva di “mantenere le selve de’ castagni salvatichi” e specificava che “nessuna persona di qual si voglia stato, grado o conditione, in virtù del presente decreto, ardisca o presuma in alcun modo tagliar, o far tagliare al pedano arbori di castagno”