I paesaggi agricoli sono una delle eccellenze della Toscana. Quando si parla di paesaggio agrario si fa riferimento al disegno che l’uomo, coscientemente e sistematicamente, imprime ad un territorio. L’uomo si impone sulla vegetazione e detta le condizioni, indirettamente, anche alla fauna. In un contesto rurale le specie vegetali non sono libere del tutto di svilupparsi e diffondersi secondo la propria ecologia ma devono seguire dei “binari” che conducono al soddisfacimento delle esigenze umane.

Le attività agro-silvo-pastorali sono il motore, da secoli, di un’incessante trasformazione del paesaggio e dell’ambiente. L’agricoltura e la zootecnia rendono i territori realtà vive e dinamiche; nel corso della storia, infatti, i paesaggi agrari hanno subito continui mutamenti anche radicali.

Quando si cammina in una campagna in cui sopravvivono le forme tradizionali, ci rendiamo conto che siamo immersi in una realtà molto complessa. Per “tradizionali” si intendono le attività che portano ad un mosaico fatto di  piccoli appezzamenti separati da siepi, pascoli, fasce boscate, filari di alberi, laghi, stagni e muretti a secco. In questi contesti si è sempre seguito il principio delle colture promiscue e della rotazione che aumenta la diversità nello spazio e nel tempo.

Nelle zone collinari si possono ancora trovare paesaggi di questo tipi e i rilievi che circondano Capolona non fanno eccezione. Questi spazi sono stati modellati dal lavoro di migliaia di contadini con l’uso di picconi, pale, vanghe e zappe, coadiuvati dalla forza dei buoi e dei cavalli.

Queste attività, se condotte in maniera tradizionale, creano e mantengono ecosistemi con valori elevati di biodiversità. Maggior varietà significa maggiori nicchie ecologiche, dove un elevato numero di specie vegetali ed animali possono vivere. Questo non è riferito solo a quelle che vengono coltivate ed allevate ma anche quelle selvatiche.

L’importanza degli ambienti agricoli per la biodiversità è testimoniata dal fatto che circa la metà delle specie animali e vegetali minacciate o in declino in Europa è in varia misura dipendente da essi. Queste non sono legate solo a singoli elementi dell’agroecosistema ma al mosaico complessivo.

L'agricoltura tradizionale conferiva resilienza e stabilita ai territori; questi avevano una notevole capacità di reazione alle perturbazioni di varia natura. Una delle più evidenti era la resistenza nei confronti delle precipitazioni; i fenomeni di erosione erano infatti limitati. L’abbandono da parte dell’uomo delle zone di montagna e collina ha compromesso l’equilibrio dei versanti con conseguenti frane e smottamenti.

Tutti questi aspetti mancano laddove si pratica l’agricoltura intensiva le cui logiche sono il profitto e i risultati immediati. In questo caso l’uomo non è più conoscitore e fruitore attento delle risorse naturali e non più legato alla terra da un rapporto di rispetto e riconoscenza. Il paesaggio che si viene a creare è più semplificato e anonimo. Espressione massima di questa “semplificazione” è la pratica della monocoltura, dove tutto lo sforzo viene convogliato verso un’unica specie di interesse agricolo, mentre tutte le altre sono tenute sotto stretto controllo o eliminate.

I moderni campi coltivati sono ecosistemi instabili e “immaturi” pur essendo altamente produttivi. La loro stabilità viene mantenuta artificialmente mediante irrigazioni, concimazioni e trattamenti chimici. In generale hanno livelli troppo bassi di biodiversità.